INTRODUZIONE
Tra le varie specie di gechi allevabili, sono presenti animali che necessitano di ambienti umidi dove poter stabulare correttamente. È questo il caso, ad esempio, dei gechi ciliatus del nostro allevamento.
Un terrario umido, a differenza di uno arido, comporta la necessità di porre maggiori attenzioni per il mantenimento dell’elevata umidità e meticolosità nella pulizia che, in caso contrario, porterebbe la creazione di cattivi odori in breve tempo.
Inoltre, non si deve dimenticare che un terrario umido non è uno spazio aperto e il ricircolo d’aria non sarà mai elevato come quello in natura. Questa condizione potrebbe comportare l’insorgenza di muffe ed acari, che creerebbero un serio rischio per la salute dell’animale.
Una soluzione a queste difficoltà, applicabile anche ad altre teche umide in cui sono stabulati animali diversi dai gechi, è fornita dall’introduzione di una clean up crew, ovvero di una squadra pulizie. Si tratta di piccoli insetti decompositori che si ciberanno degli scarti del geco (feci, urati ed eventuali frammenti di muta), riducendoli in componente del substrato.
Questa loro peculiare alimentazione renderà più difficile la formazione dei problemi sopra elencati in quanto elimineranno la fonte dei cattivi odori e preverranno la formazione di muffe ed acari in qualità di loro competitori alimentari. Il tutto permetterà all’allevatore di ridurre l’attività di manutenzione e pulizia del terrario; attenzione, questo però non esula dal mantenere controllato il nostro micro-ecosistema e, quindi, dall’intervenire prontamente in caso di necessità.
TERRARIO - SUBSTRATO
Come facilmente intuibile dal titolo dell’articolo, si tratterà di insetti spazzini adatti a set up umidi. Se gli insetti di cui si parlerà di seguito verranno introdotti in ambienti aridi o, talvolta, semi-umidi, è molto probabile, se non certo, che questi moriranno senza poter compiere il loro dovere.
In aggiunta, per poter introdurre gli insetti spazzini è necessario che il terrario abbia un substrato adeguato che si comporrà di:
1. Uno strato di drenaggio dell’altezza di 2/4 cm realizzabile con ghiaia grossa o argilla espansa, su cui adagiare una rete fine attraverso la quale possa passare l’acqua ma non il substrato sovrastante (una zanzariera andrà benissimo). Questo livello servirà per drenare l’acqua in eccesso degli strati sovrastanti evitandone l’allagamento; nel caso si notasse una notevole presenza di acqua in questo strato (non goccioline di condensa, ma vere e proprie pozze), sarà necessario ridurre le nebulizzazioni.
2. Uno strato compatto dell’altezza di 2/3 cm composto di fibra di cocco pura. Questo strato servirà da “recovery system” per il sistema bioattivo. Sarà infatti un livello più difficile da seccare e in cui la squadra di pulitori potrà rifugiarsi nel caso lo strato superiore risultasse inospitale.
3. Il terzo è lo strato più importante; avrà un’altezza di circa 8 cm in cui vivrà la maggior parte degli insetti. Sarà realizzato con fibra di cocco a cui dev’essere mescolata una quantità di foglie secche di latifoglia pari a circa il 25% del volume della fibra di cocco. Queste foglie secche, essendo un ottimo nutrimento, aiuteranno la crescita della popolazione di insetti che si andrà ad introdurre nel terrario. Nel caso non si abbia a disposizione foglie di dimensioni contenute, è consigliabile spezzettare quelle più grandi. Opzionalmente in questo strato si può aggiungere dello sfagno per trattenere ulteriormente l’umidità, della ghiaia grossa, argilla espansa o sabbia di fiume per areare il terreno e aggiungere volume.
4. È consigliato ricoprire la superficie con foglie secche sia perché offrirà un bell’effetto scenico, sia perché le stesse renderanno più difficoltosa l’evaporazione dell’acqua nel substrato comportandosi da vero e proprio coperchio.
Il risultato finale dovrebbe coincidere con una stratificazione di questo tipo:
Ogni 2/5 anni sarà necessario aggiungere del nuovo substrato realizzato tramite la modalità spiegata nel terzo punto.
Se il terrario è ben strutturato e ben mantenuto, gli insetti saranno in grado di sopravvivere e proliferare senza difficoltà. Premendo con le dita, sarà importante controllare che il terreno sia sempre umido e non zuppo, così da evitare l’effetto spugna (che, se schiacciata, rilascia acqua).
GLI INSETTI (e i crostacei)
Premessa: le tipologie di insetti riportate di seguito sono le stesse che usiamo a Sauropsida Italy. Non sono gli unici possibili ma quelli che per reperibilità, costo ed efficienza ci soddisfano maggiormente.
Onischi Tropicali (Trichorhina tomentosa)
Collemboli tropicali
Armadillidium vulgare (di qualsiasi qualità)
Porcellius
Questi animaletti si comporteranno in modo ottimale all’interno di set up umidi. Tuttavia, gli imprevisti possono essere sempre dietro l’angolo: un’errata gestione dell’umidità del terrario, ad esempio, può comportare una decimazione della clean up crew. È quindi bene continuare a mantenere delle colonie separate dal terrario che possano essere in esso introdotte in caso di necessità. Le stesse colonie ci torneranno particolarmente utili anche nel caso in cui si decida di avviare un nuovo set up bioattivo.
Mantenere delle colonie di questi animali è molto semplice e chiede veramente poco impegno. Di seguito una breve scheda:
1. È necessario procurarsi un contenitore in plastica su cui praticare pochi piccoli fori: questi permetteranno un minimo ricircolo d’aria, evitando che la formazione di muffe all’interno della scatola vada oltre le capacità di decomposizione della colonia. Si consiglia di non effettuare fori su due altezze differenti perché aumenterebbe eccessivamente il ricircolo d’aria e renderebbe gli interventi di nebulizzazione più frequenti; lo stesso discorso vale per un numero di fori eccessivamente numerosi e/o troppo grandi.
2. All’interno del contenitore andranno collocati dei legnetti che, marcendo lentamente, creeranno un nutrimento a lungo termine per la colonia.
3. Si coprano i legnetti con fibra di cocco (N.B. si utilizzi un substrato che possa essere introdotto nel terrario senza essere nocivo per l’animale), mescolando a quest’ultima delle foglie secche di latifoglia. Per poter introdurre una quantità maggiore di foglie in un volume minore, è consigliabile tritarle (ad esempio mettendole in un sacchetto, schiacciarle e strizzarle finché non si saranno ridotte in piccoli pezzi).
4. Il terreno dev’essere bagnato bene, evitando però che si creino delle pozze d’acqua all’interno della scatola.
5. Si introduca la colonia iniziale.
6. È necessario lasciare dello spazio vuoto tra la superficie del terreno e il coperchio; in caso contrario la crescita della colonia sarà rallentata e limitata.
7. Per mantenere la colonia, le si dia attenzione una volta ogni mese controllando che l’umidità sia corretta. Nel caso non sia sufficiente, sarà utile nebulizzare nuovamente il terreno. Si presti inoltre attenzione che non siano presenti evidenti muffe.
8. Le colonie cresceranno e si ridurranno in base alla quantità di spazio e cibo a loro disposizione: per gli insetti più grandi sarà quindi consigliabile usare scatole sensibilmente più grandi.
9. È possibile boostare la colonia somministrando, oltre alle foglie, minuscole quantità di cibo per pesci (poche scaglie al mese) o riso crudo (pochi chicchi). Si possono utilizzare anche altri alimenti (tra questi, si trovano spesso il lievito di birra e il carbone), ma noi di Sauropsida Italy abbiamo notato quanto sia facile eccedere con le dosi e sterminare di conseguenza la colonia. I cibi sopra elencati faranno il loro dovere senza controindicazioni (N.B. alcuni insetti per proliferare necessitano di osso di seppia).
10. Quando si dovrà utilizzare una colonia, basterà introdurne metà nel terrario, asportando con essa metà del substrato dal contenitore dov’è alloggiata. Successivamente sarà necessario integrare il substrato aggiungendone uno nuovo e nuove foglie secche. In poco tempo la colonia tornerà alle sue dimensioni originali.
BIOATTIVO: REALTÀ O LEGGENDA?
Un terrario bioattivo è un tentativo di riproporre una porzione dell’ecosistema di provenienza del geco.
In natura ogni componente è sfruttata e ciclicamente convertita in energia. Questa produzione genera delle sostanze di scarto che a loro volta costituiscono la nuova risorsa, la quale potrà essere sfruttata dagli altri organismi per ottenere energia. La natura ha risorse infinite se comparate a quelle introducibili all’interno di un terrario dalle dimensioni contenute, quindi ci si dovrà accontentare di riproporre solo una piccola parte di questo ecosistema.
Nel caso specifico di un terrario bioattivo creato allo scopo di aiutare l’allevatore nel mantenimento del suo esemplare esotico, ci si limiterà a riprodurre la parte di decomposizione della materia di scarto proveniente dall’animale. Gli insetti sopra elencati saranno quindi gli incaricati di cibarsi delle feci e degli urati del geco, convertendo questi in energia per la loro proliferazione e in parte integrante del substrato tramite le loro deiezioni. Fino al momento in cui la clean up crew di un terrario sarà in grado di svolgere questa attività, si potrà considerare il terrario come bioattivo.
Un breve schema per chiarificare i concetti; noi ci occumeremo di riproporre il passaggio da consumatori a decompositori
Nell’habitat naturale da cui proviene l’esemplare allevato nella teca bioattiva, le piante giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’ecosistema. Tuttavia, come è stato detto sopra, in un terrario ci si accontenterà di riproporre solo la parte di decomposizione presente in un ecosistema naturale e, di conseguenza, non è necessario introdurre piante vere per poter parlare di terrario bioattivo. Nonostante ciò, se si decidesse di piantumare la teca, le attività dagli insetti spazzini aiuteranno la vegetazione a crescere rigogliosa.
Un terrario bioattivo, inoltre, si consoliderà con lo scorrere del tempo perché si svilupperà in esso anche una colonia batterica che contribuirà alla stabilizzazione del sistema. Introdurre elementi prelevati in natura permetterà di velocizzare l’aumento di questi microorganismi; ciononostante, è un’azione che non ci sentiamo di consigliare. Con l’introduzione di vita microscopica benefica presente, ad esempio, su legni raccolti in natura, si rischia di inserire allo stesso tempo elementi nocivi per la stabilizzazione del set up bioattivo. Ne sono un esempio i patogeni, gli insetti infestanti, le uova di insetti e le muffe. Se si decide di introdurre elementi provenienti dalla natura, è ragionevole sterilizzarli (per esempio usando una vaporella o il forno di casa): questo ucciderà gran parte della vita in essi presente, compresa quella che gioverebbe al terrario e che si ricreerà più lentamente. Questo è senza dubbio uno svantaggio che tuttavia troviamo logico perseguire, in quanto l’introduzione di elementi nocivi potrebbe, seppur non frequentemente, obbligare l’allevatore a ricominciare da zero la creazione della casa per il suo esotico.
POSTILLA
1. Esistono ulteriori tipi di substrato utilizzabili per realizzare quanto sopra è stato scritto. Ci siamo limitati a riportare quelli che utilizziamo a Sauropsida Italy.
2. Stesso discorso vale per gli insetti. Inoltre, per semplificare la lettura dell’articolo, tutti i membri della clean up crew sono stati chiamati “insetti”. È bene però notare che alcuni di loro sono classificati come crostacei.
3. Nel caso di gechi arboricoli sono frequenti le deiezioni sui vetri del terrario, queste non saranno alla portata della clean up crew. La clean up crew si muoverà verticalmente solo su superfici ruvide (ex legni o rocce) e nei momenti della giornata in cui l’umidità lo permette.
4. Un terrario bioattivo necessità di essere monitorato per controllarne lo stato.
5. Invitiamo sempre i nostri lettori a confrontarsi con il maggior numero di fonti possibile, al fine di ottenere il miglior grado di conoscenza.
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